Lo spettacolo Come in cielo dello sceneggiatore svedese Kay Pollak è una storia che parla del valore della comunità e del senso dell’arte.
La coproduzione del teatro triestino con il centro musicale Glasbena matica e il Teatro municipale di Ptuj è uno spettacolo che toccherà un pubblico ampio con la rappresentazione delle dinamiche che si creano all’interno di un coro che è specchio di una comunità, ma anche della rinascita di un uomo che dopo una carriera internazionale decide di andare “ai confini del mondo”, dove scopre nuovi valori e rapporti. Il regista Samo M. Strelec realizza con questa produzione un desiderio che è rimasto per lungo tempo nel suo cassetto. Anni fa si è appassionato a questo racconto dopo aver letto l’adattamento teatrale scritto sulla base della sceneggiatura dell’omonimo film svedese. Ad attirarlo sono stati principalmente due aspetti: la questione del ruolo e degli effetti dell’arte anche al di fuori di ambiti »professionali« e quella rete invisibile di rapporti che lega persone e destini all’interno di ogni tipo di comunità umana.
Il protagonista è un direttore all’apice della carriera, che per ragioni di salute deve abbandonare i riflettori dei grandi palcoscenici. Alla ricerca di pace e solitudine ritorna al paese natale, dove nonostante l’iniziale riluttanza viene subito coinvolto nella direzione del coro parrocchiale. Attraverso la sala prove entra nel cuore della vita della comunità e inizia involontariamente a scandirne le dinamiche interne. La musica libera, consola, incoraggia, permette a ciascuno di esprimere la propria natura più autentica. I rapporti si consolidano, emergono fratture, si sviluppano ambizioni artistiche e insieme visioni della vita. Il direttore stringe amicizie, trova nemici e inaspettatamente l’amore. Lo spettacolo parla della musica che può cambiare il mondo, del canto corale amatoriale, molto amato in Svezia, e che in Slovenia, ma anche nella regione Friuli Venezia Giulia, risulta essere una delle attività artistiche collettive più diffuse.
La rappresentazione del microcosmo del paesino scandinavo, dove il canto si intreccia a frammenti di vita dei singoli coristi, ha richiesto un’unione di forze a livello di coproduttori e collaboratori che anche al di fuori della metafora conferma la forza della comunità. In scena collaborano attori e cantori. Il direttore Daniel Dareus è interpretato dall’attore, pianista, compositore e chansonnier Jure Ivanušič, che proprio grazie alle proprie esperienze musicali (anche a livello di direzione) ha potuto integrare il ruolo con una maggiore comprensione delle passioni e delle intenzioni del personaggio. Gli attori della compagnia stabile del TSS saranno presenti al completo sul palcoscenico principale del teatro di via Petronio, assieme a un gran numero di ospiti. Il cast di attori è formato da Tina Gunzek, Primož Forte, Nikla Petruška Panizon, Franko Korošec, Vesna Maria Maher, Romeo Grebenšek, Gregor Geč, Elena Husu, Danijel Malalan e Dejan Pevčević, che è anche assistente alla regia. La nota svedese più “autentica” è data dall’attrice slovena nata in Svezia Mirel Knez.
Nel »coro parrocchiale« collaborano i coristi, cantanti e musicisti Julija Cante, Martina Feri, Marco Ghersetich, Thomas Grill, Claudia Sedmach, Beatrice Zonta e Cecilia Zoratti. Il direttore musicale che ha preparato il gruppo durante le prove è il compositore e direttore goriziano Patrick Quaggiato. Il gruppo esegue tutti i momenti corali dal vivo. Con loro integra l’aspetto musicale dello spettacolo anche la violoncellista Andrejka Možina. Il testo è stato tradotto in sloveno da Darko Čuden, ma tutte le repliche saranno come d’abitudine corredate da sovratitoli in italiano. Le scene sono di Marko Japelj, la costumista è Bjanka Adžić Ursulov, le luci sono firmate da David Orešič.
La realizzazione di questo progetto è stata resa possibile dal sostegno della Fondazione CRTrieste, che ogni anno accompagna l’avvio della stagione del TSS con il suo mecenatismo.